Scopri il potere del cinema come strumento di riflessione e dibattito
Un capolavoro del cinema che smaschera con impietosa lucidità il volto oscuro dei media moderni. Quinto Potere, diretto da Sidney Lumet e scritto da Paddy Chayefsky, è una satira profetica e spietata che anticipa l'era dell'informazione-spettacolo...
Capolavoro del cinema che interroga con radicale intensità il senso dell'esilio, dell'arte e della fede. Nostalghia, primo film realizzato da Andrej Tarkovskij fuori dall'URSS, è una meditazione lirica e dolorosa sul distacco da sé e dal mondo...
"C'eravamo tanto amati", diretto da Ettore Scola nel 1974, è uno spaccato sulla storia dell'Italia del dopoguerra. Un viaggio tra sogni, disillusioni, amicizia e memoria. Nell'intrecciarsi delle storie di Gianni, Antonio e Nicola, tre amici dapprima uniti dalla resistenza e poi divisi dalla vita, Scola racconta trent'anni di cambiamenti politici, culturali e morali del nostro Paese. Le loro vite si incrociano con quella di Luciana, donna in cerca di spazio, di riconoscimento e di libertà, emblema di una generazione sospesa tra sogni e realtà. Scola dimostra sapiente padronanza nell'impiego della metacinematografia, omaggiando registi come Fellini e De Sica, deceduto durante le riprese, a cui la pellicola verrà poi dedicata in segno di commemorazione. Partiti da grandi ideali, col passare del tempo i protagonisti dovranno fare i conti con una realtà che li costringe a cambiare, cedere e scegliere. Ciascuno di loro rinuncia a una parte di sé: chi al coraggio, chi alla coerenza, chi all'amore. Proprio in questi compromessi quotidiani si apre la distanza tra ciò che ambivano ad essere e ciò che sono diventati. Questo é il prezzo amaro della crescita, il ritratto crudo di un'intera generazione.
Parabola malinconica sull'infanzia come territorio mitico e frontiera dell'identità. Ambientato nel 1965 su un'isola fittizia del New England, il film racconta la fuga di due dodicenni, Sam e Suzy, uniti da una solitudine profonda e da un bisogno istintivo di amore. Sam, scout orfano, e Suzy, figlia inquieta di una famiglia anaffettiva, decidono di scappare insieme, attraversando un paesaggio che si fa specchio della loro interiorità. La loro fuga è un gesto assoluto e ingenuo, che solo due bambini possono fare e che forza le regole del mondo adulto, rivelandone la disfunzione emotiva: genitori spaesati, autorità grottesche, figure educative svuotate. La risposta degli adulti mostra un mondo incapace di comprendere l'infanzia. Nel piccolo regno che i due bambini si costruiscono, fatto di oggetti e rituali d'amore, prende forma un altrove emotivo, un'utopia fragile in cui è possibile riscrivere le proprie regole del sentire. Dunque la loro fuga diventa un rito iniziatico, la nascita di una identità fuori dai ruoli imposti. Anderson orchestra il racconto come una partitura visiva e musicale, dove ogni elemento ha un peso simbolico e ogni dettaglio contribuisce alla costruzione di un cosmo coerente e chiuso, di infiniti colori, simmetrie maniacali e composizioni teatrali. Moonrise Kingdom è una meditazione sul desiderio di protezione e sulla necessità di essere visti. I suoi protagonisti, pur nella loro tenera ingenuità, interrogano l'ordine costituito e ne mettono in crisi l'inerzia affettiva. È un film che parla di fuga ma anche di ritorno.
Ritratto crudele e commovente del conflitto tra individuo e istituzione. Nel microcosmo di un ospedale psichiatrico, McMurphy porta con sé un'energia vitale che incrina la routine anestetizzata e restituisce ai pazienti una scintilla di umanità. La sua ribellione, ingenua e contagiosa, si scontra con la figura glaciale dell'infermiera Ratched, incarnazione di un potere che normalizza e reprime. Forman filma lo scontro come una lotta senza equilibrio, dove il desiderio di libertà appare insieme necessario e destinato alla sconfitta. Qualcuno volò sul nido del cuculo diventa così una riflessione universale sul prezzo della dignità e sul coraggio fragile di chi non accetta di piegarsi.
Guido Anselmi è un regista che, smarrita l'ispirazione, si ritrova sospeso in una stazione termale dove realtà, sogno e memoria si confondono come bagliori in acque torbide. Intorno a lui ruotano volti e richiami del passato, desideri e rimorsi che lo trascinano in un vortice interiore da cui non sa più distinguere la vita dal film che vorrebbe girare. 8½ è un'opera che si ripiega su sé stessa come davanti a uno specchio, in cui l'artista osserva la propria immagine moltiplicarsi all'infinito, inseguendo nei riflessi la forma perduta della verità. Fellini compone una danza tra luce e ombra, tra ironia e abbandono, dove il caos diventa linguaggio e la confusione stessa si trasforma in rivelazione. Delicato equilibrismo tra reale e fantastico, il film mostra il turbinio dell'anima di Guido, il suo tentativo di trovare la parola che squadri da ogni lato, di accettare che il mistero non va svelato, ma abitato. È in questa resa che nasce la riconciliazione: con sé, gli altri, la vita. "È una festa la vita, viviamola insieme"